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EDVARD MUNCH

EDVARD MUNCH

Munch, Edvard. Pittore e autore di stampe norvegese; il più grande artista del suo paese. Iniziò a dipingere in uno stile naturalistico convenzionale, ma nel 1884, con Christian Krohg come primo mentore, faceva parte dell’ambiente degli artisti bohémien di Cristiania (oggi Oslo), che avevano idee avanzate sull’etica e la moralità sessuale.

Nel 1885 compì la prima delle sue numerose visite a Parigi, dove nei pochi anni a seguire subì l’influenza degli impressionisti, dei simbolisti e soprattutto dello stile di Gauguin, che usava forme semplificate e colori non realistici. Subito dopo il rientro dal primo viaggio, realizzò il primo quadro in cui mostrava una visione nettamente personale, La bambina malata (1885-86, Nasjonalgalleriet, Oslo). Lo stesso Munch descrisse questa scena straziante (di cui dipinse altre cinque versioni successive) come “la svolta del mio cuore. Tutto quello che ho fatto da allora è nato in quel quadro“.

LA SCELTA DEL SOGGETTO ERA

La scelta del soggetto era profondamente significativa, dato che rifletteva la sua tragica infanzia (la madre e la sorella maggiore morirono di tubercolosi quando lui era bambino e come risultato il padre, distrutto dal dolore, divenne pio in modo quasi patologico). “Malattia, pazzia e morte erano angeli neri che vegliavano la mia culla“, scrisse, e nei suoi quadri diede voce alle nevrosi che lo tormentavano. Alcuni temi – gelosia, malattia, il risveglio del desiderio sessuale – ricorrono costantemente; Munch dipingeva stati psicologici estremi con una convinzione mai vista e un’intensità che sfociava talvolta nella frenesia.

Nel 1892 venne invitato all’esposizione della Verein Berliner Künstler (l’Associazione degli Artisti di Berlino) e l’intensità angosciosa delle sue opere provocò un tale scalpore da parte della stampa che la mostra venne chiusa. Lo scandalo lo rese famoso in Germania da un giorno all’altro, così decise di trasferirsi lì e dal 1892 al 1908 visse soprattutto a Berlino (nonostante si spostasse di continuo, alloggiando in pensioni e tornando spesso in Norvegia così come viaggiando tra la Francia e l’Italia). Durante questo periodo – il fulcro della sua vita creativa – dedicò molto tempo a un’ambiziosa serie senza fine di dipinti che intitolò Il fregio della vita -“un poema di vita, amore e morte”.

IL QUADRO PIÙ FAMOSO TRA QUESTE OPERE, L’URLO

Il quadro più famoso tra queste opere, L’urlo (1893, Nasjonalgalleriet, Oslo), e molti altri vennero poi ripresi da Munch sotto forma di incisioni, litografie e xilografie. Fu uno dei più importanti autori di stampe di tutti i tempo e particolarmente notevoli sono le sue xilografie, spesso a colori, che sfruttano la grana del legno per accentuare l’effetto di rozzo vigore. Insieme a quelle di Gauguin (che si cimentò con lo stesso mezzo nell’ultima decade dell’Ottocento), furono lo stimolo maggiore alla grande rinascita della xilografia nel XX secolo, specialmente tra gli espressionisti tedeschi.

Attraverso un processo di feedback artistico, le stampe di Munch influenzarono anche la sua pittura; dopo aver ridefinito le idee trasponendo una composizione dal dipinto alla stampa, spesso ritraduceva nuovamente l’immagine in pittura, in una forma semplificata e più potente. Nel 1908 Munch soffrì di quello che lui stesso definì “un completo collasso mentale“, un connubio di pesante alcolismo, troppo lavoro e pene d’amore.

 

UNA VOLTA RISTABILITOSI,

Una volta ristabilitosi, prese dimora definitivamente in Norvegia, dove ormai era un artista acclamato. Capiva come la sua instabilità mentale fosse parte del suo genio (“Non vorrei rinunciare al mio malessere, perché gran parte della mia arte gli è debitrice“), ma prese la decisione consapevole di lavorare alla guarigione e abbandonò l’immaginario legato alla sua famiglia. La tormentata qualità della sua arte venne meno e il suo lavoro diventò molto più estroverso.

Annunciò il suo cambio di rotta con una serie di dipinti murali che decorano l’Aula Magna dell’Università di Oslo (1910-16). Questi rappresentano ciò che Munch definì “potenti forze eterne” (La Storia e Il Sole sono due dei soggetti), con colori freschi e decisi e uno spirito ottimista. Nel 1916 acquistò una grande casa chiamata Ekely, a SkÖyen, nella periferia di Oslo. Da allora vi trascorse la maggior parte della vita, conducendo un’esistenza sempre più isolata. Ma nonostante ciò continuò a viaggiare parecchio. I suoi soggetti dell’ultimo periodo, durante il quale diede vita a una produzione prodigiosa, includono paesaggi, ritratti (lavorò per lo più su commissione) e operai, spesso rappresentati mentre arrancano nella neve.

A VOLTE TORNAVA COMUNQUE AI TEMI

A volte tornava comunque ai temi che avevano ossessionato la sua giovinezza e occasionalmente si riaccese la passione e la profondità degli inizi. Ciò si nota infatti anche nell’ultimo dei numerosi autoritratti, Autoritratto tra l’orologio e il letto (1940-42, Munch-museet, Oslo), nel quale si ritrae vecchio e fragile, sospeso sul confine dell’eternità. Alla morte donò l’enorme mole delle opere ancora in suo possesso alla Città di Oslo. Si fondò il Munch-museet (aperto nel 1963 in onore del centenario della nascita). Munch è ricordato come uno dei più potenti e influenti artisti moderni.

Il suo impatto è stato particolarmente forte in Scandinavia e in Germania, dove, insieme a Van Gogh, viene celebrato come il principale esponente dell’espressionismo. L’intensità con cui ha saputo trasmettere l’angoscia emotiva ha aperto nuovi cammini all’arte. “Come Leonardo da Vinci ha studiato l’anatomia umana e ha sezionato i corpi”, dichiarò, “io ho tentato di sezionare l’anima.”

Nascita: Loten, 12 dicembre 1863;
Morte: Oslo, 23 gennaio 1944.

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