PADRI E FIGLI. MIMMO E FRANCESCO JODICE
In bianco e nero quello di Mimmo, per lasciar spazio all’immaginazione e alla narrazione per emozioni. A colori quello di Francesco Jodice; un sistema di lettura, traduzione, consapevolezza del reale che è a colori. Mimmo Jodice è uno dei grandi fotografi della storia della fotografia italiana. Vive a Napoli dove è nato nel 1934. Fotografo di avanguardia sin dagli anni sessanta, attento alle sperimentazioni ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico, è stato protagonista instancabile nel dibattito culturale che ha portato alla crescita e successivamente alla affermazione della fotografia italiana anche in campo internazionale. Jodice, già prima di scattare, sa cosa sta cercando e costruisce le sue foto in modo da svelare alcuni particolari noti, quasi banali, del paesaggio, che assumono il significato metafisico di vere e proprie icone. Dopo le iniziali sperimentazioni pittoriche si accosta alla fotografia già a partire dai primi anni ‘60. Agli anni della denuncia sociale seguono quelli in cui lo sguardo di Jodice si volge a Napoli, luogo natale, ritratta, nella nota serie Vedute di Napoli, con sommo distacco critico. Il volto della città irreale e desolato, privato come è della presenza umana, testimonia la delusione e lo sconforto dell’artista per quanto era stato promesso e non mantenuto. Per il brutale accanimento cementizio dei palazzinari, per quelle “mani sulla città” che ne hanno stravolto l’immagine, svilendone la bellezza struggente. Tutto il lavoro si svolge in camera oscura dove l’artista stampa personalmente le foto realizzate e ridipinge le immagini, in una sorta di rito espressivo e comunicativo, utilizzando la luce come elemento fondante della produzione. La macchina fotografica, ancora oggi e sempre analogica, resta strumento creativo e mai descrittivo della realtà esterna. Jodice sceglie sempre il bianco e nero, il cui apparente contrasto cela in realtà una illimitata gamma di grigi che arricchiscono la bicromia di inusitate e innumerevoli sfumature. Oltre alle Vedute napoletane di cui abbiamo già parlato, L’Attesa, tema a lui caro sin dalla metà degli anni ‘80. In queste foto, paesaggi urbani e naturali privi della presenza umana, come già avvenuto nelle Vedute napoletane, e di qualsiasi idea di movimento, ricercano l’assenza concretizzando l’idea di vuoto. Le immagini si stagliano misteriose nella loro immutabilità inducendo l’osservatore a chiedersi cosa quei paesaggi interiorizzati stiano aspettando. Sono visioni in cui il tempo sembra come cristallizzarsi e smettere il proprio naturale fluire. Le opere sulla Natura, sezione in cui è la vegetazione a essere protagonista indiscussa, sia essa coltivata o selvaggia, sempre colta nella sua dimensione straniante. Alberi e fronde acquisiscono una dimensione umana, subendo una sorta di personificazione incantate. E ancora la serie delle Città Visibili, in cui lo sguardo lento del fotografo svela la bellezza surreale dei luoghi urbani. Alcuni celebri come le piramidi del Louvre o le vedute veneziane, altri anonimi, ma tutti rivelatori dell’interesse di Jodice per l’architettura. Strumento di indagine inedita delle città, testimone rivelatore “dell’incapacità di accettare caos e silenzio”. His father is tied to his city and the Mediterranean, his son is a tireless traveler; he is also a photographer and filmmaker. Eclectic artist, continuing his own investigation of the contemporary geopolitical scenario and its social and urban transformations, he uses all the languages of contemporaneity. Alternating photography, video and installations. Born in Naples in 1967, Francesco Jodice lives in Milan. His artistic research investigates the changes in the contemporary social landscape, with particular attention to the phenomena of urban anthropology and the production of new participation processes. In fact, his projects aim at building a common ground between art and geopolitics, proposing artistic practice as civil poetics. Francesco Jodice also teaches at the Biennium of Visual Arts and Curatorial Studies and at the Master in Photography and Visual Design at NABA – New Academy of Fine Arts in Milan. He was one of the founders of the Multiplicity and Zapruder collectives. Tireless experimenter, Francesco Jodice is the Italian artist who has most reflected on the meaning of narration. On a theme, that is, incandescent for fifty years now, in a world that increasingly depends on how we represent it to ourselves. Our world is substantially founded on a representation whose shared values and basic interpretations, as well as the horizons of meaning, are derived from a civilization of the image produced and ordered by the productive capacity of the United States. A fabulous empire of which Francesco Jodice seeks the roots and hinges of support, to reach the conclusion that a deeper crisis than the economic or political one is underway. Broad and complex themes, but also part of everyday life for a tireless traveler like Jodice, who with his work shows us a world that is both far and near at the same time. Tra i suoi progetti principali ci sono l’atlante fotografico What We Want, un osservatorio sulle modificazioni del paesaggio in quanto proiezione dei desideri collettivi dove viene rappresentata l’evoluzione territoriale di 150 metropoli e luoghi periferici. L’archivio di pedinamenti urbani The Secret Traces e la trilogia di film sulle nuove forme di urbanesimo Citytellers. Il risultato di quest’ultimo è un’esperienza forte, che ha permesso allo spettatore di immedesimarsi con i personaggi del film e di prendere consapevolezza della realtà di paesi altrimenti così difficilmente raggiungibili. I suoi lavori più recenti – Atlante, American Recordings e Sunset Boulevard – esplorano i possibili scenari futuri dell’Occidente. In particolare, in American Recordings, videoinstallazione a 5 canali, per rivelare le radici di un immaginario al quale tutto l’Occidente appare debitore, usa la tecnica del mash-up . Con il progetto “Babel” nel 2011 Francesco Jodice ha trasformato la grande facciata del Museo d’Arte Contemporanea di Zagabria in un blog open space. Un’interfaccia sociale che ha così permesso ai suoi abitanti di esprimere pubblicamente le loro intenzioni, strategie, opinioni e disaccordi. Babel è un progetto realizzato utilizzando i 400 metri quadrati della facciata LED come mezzo per la formazione di democrazia. Inserito in questo contesto, il titolo è stato scelto per sottolineare non la divisione e le differenze culturali. Bensì il ruolo dell’opera e dell’arte stessa come mediatore per collegare le parti in conflitto e ispirare quindi il dialogo. “Tokyo Baburu” è un’altra opera dell’artista che indaga la realtà di una metropoli. Si tratta di fotografie di grande formato ad intenso impatto emozionale, in cui coglie l’intima essenza di questa città. Coniugando la visione urbanistica ed ambientale con la dimensione sociale. Finally, for the Museo del Prado in Madrid he made two works, a short film and a video installation . “Portrait Gallery”, in which he pays homage to visitors and the viewer making them an integral part of the work. And creating an archive, a catalog, through films and photographs, of images concerning the museum’s users. [/ vc_column_text] [/ vc_column] [/ vc_row]DUE VISIONI, DUE GENERAZIONI, UN PADRE E UN FIGLIO. GLI JODICE. MIMMO, CLASSE 1934, E FRANCESCO, CLASSE 1967. NAPOLETANI, FOTOGRAFI-ARTISTI. DUE MONDI ESPRESSIVI MOLTO DIVERSI DAL PUNTO DI VISTA FORMALE, MA SOSPINTI ENTRAMBI DA UNA GRANDE PROGETTUALITÀ.
MIMMO, IL PADRE
LE TAPPE DELLA SUA CARRIERA ARTISTICA
LE SERIE
FRANCESCO JODICE - CAPRI
FRANCESCO, THE SON
FRANCESCO JODICE - PANORAMA
THE ITS THEMES
FRANCESCO JODICE, WHAT WE WANT, JERUSALEM, 2010
PROGETTI PRINCIPALI
ALTRI IMPORTANTI PROGETTI